Considerazioni etiche preliminari
E’ onesto non dire al paziente – quando gli si propone di asportare la safena – della perdita del proprio materiale biologico utilizzabile per bypass?
E’ onesto dire al paziente che le safene non possono essere utilizzate come bypass ?
E’ onesto – all’atto del consenso per intervento – non spiegare dell’esistenza di metodiche alternative che permettano di curare le varici ma – al tempo stesso – di conservare le vene?
E’ onesto spacciare per conservazione venosa la distruzione termica ( criocongelazione , laser, radiofrequenza ) o chimica ( con schiume sclerosanti o colle ) della safena?
E’ onesto affermare che la safena dilatata ( proprio a causa degli alti regimi pretori che si instaurano nella insufficienza venosa e che ne determinano la dilatazione ) è assimilabile ad una ruota di scorta bucata , quando sappiamo che correggendo i punti ammalati del sistema venoso e riducendo la pressione interna tali vene ritornano alle iniziali piccole dimensioni ?
Per chi avesse ancora dubbi , infine , si ricorda che esiste un’ente francese che acquista safene asportate chirurgicamente , quando di calibro compreso tra 3 e 10 mm , pagandole 1500 euro l’una. In tal modo ci si assicura la raccolta di materiale biologico per futuri innesti venosi….. e sembra che quest’ultima pratica di vendere safene all’estero aia in aumento.
Non esiste pertanto nessun motivo, eticamente valido, per distruggere le safene che Madre Natura ci ha fornito e protetto accuratamente con una spessa fascia di tessuto connettivo!
Dal punto di vista legale è comunque un errore non spiegare , all’atto della firma del consenso informato per intervento di safenectomia , al paziente o misconoscere l’esistenza di una metodica chirurgica alternativa assai meno traumatica per ottenere un pari risultato clinico.